Le scuole di specializzazione medica rappresentano un passaggio obbligato per i laureati in medicina che desiderano esercitare come specialisti in una determinata disciplina. Negli ultimi anni, il sistema formativo post-laurea in Medicina è stato oggetto di diverse modifiche normative, finalizzate a migliorare l’accesso, la qualità della formazione e l’integrazione con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
L’ultima riforma, entrata in vigore lo scorso 1° gennaio, è stata introdotta con l’obiettivo di risolvere criticità come la carenza di specialisti, il mancato allineamento tra numero di laureati e posti disponibili e la rigidità dei percorsi formativi.
Scuole di specializzazione in medicina
Le scuole di specializzazione medica sono percorsi formativi post-laurea obbligatori per chi intende esercitare la professione come medico specialista. La durata del percorso varia dai 3 ai 6 anni, a seconda della disciplina scelta. Tra le diverse specializzazioni in medicina vi sono medicina interna, pediatria, anestesia e rianimazione, cardiologia, neurologia e molte altre.
Per accedere alle scuole di specializzazione è necessario superare un concorso nazionale, gestito dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) in collaborazione con il Ministero della Salute. Il test di ingresso, riformato negli ultimi anni, prevede una prova scritta a risposta multipla, con domande basate su casi clinici e conoscenze medico-scientifiche.
Una volta ammessi, gli specializzandi ricevono un contratto di formazione specialistica con una borsa di studio il cui importo annuale si aggira intorno ai 26.000-30.000 euro lordi, con variazioni a seconda degli anni di specializzazione e delle normative vigenti.
Le principali novità della riforma
La recente riforma delle scuole di specializzazione medica ha introdotto cambiamenti significativi per gli studenti e per l’organizzazione della formazione specialistica. In primo luogo occorre segnalare un aumento dei posti disponibili. Negli ultimi anni, il governo ha incrementato progressivamente il numero di borse di specializzazione per cercare di ridurre il fenomeno dell’“imbuto formativo”, ossia la discrepanza tra laureati in medicina e posti nelle scuole di specializzazione.
Nel 2023, il numero di posti disponibili con fondi statali è stato portato a 14.579, in netto aumento rispetto agli anni precedenti. Questo intervento è stato necessario per rispondere alla crescente carenza di medici specialisti, un problema evidenziato dalla pandemia di COVID-19 e dalla riduzione del personale sanitario dovuta ai pensionamenti.
Uno degli obiettivi della riforma è stato quello di rendere i percorsi formativi più flessibili. È stata introdotta la possibilità di effettuare parte della formazione in strutture ospedaliere diverse da quelle universitarie, comprese le strutture private accreditate dal SSN. Questo cambiamento mira a garantire una formazione più pratica e a distribuire meglio gli specializzandi sul territorio.
Inoltre, è stata modificata la selezione per l’accesso alle scuole di specializzazione con una revisione del concorso nazionale. Il nuovo sistema prevede una maggiore enfasi sulle competenze clinico-pratiche e una riduzione del peso della memoria nozionistica. Infine è stata migliorata la trasparenza nella distribuzione delle borse, con una maggiore equità nella suddivisione tra le diverse discipline e tra le varie aree geografiche, riducendo il fenomeno della concentrazione delle borse solo in alcune università.
Sempre legato alla questione borse si ha un altro punto chiave della riforma, in questo caso con riferimento all’adeguamento economico delle borse di studio. Dal 2024, è previsto un aumento progressivo della retribuzione per gli specializzandi, con l’obiettivo di avvicinare gli importi a quelli medi europei. L’incremento risponde alla necessità di migliorare le condizioni di chi segue il lungo percorso di formazione medica, riconoscendone l’impegno e il ruolo fondamentale nel sistema sanitario.
È bene però specificare che si tratta di una riforma lontana dal raggiungere gli obiettivi richiesti e soprattutto risolvere l’ormai strutturale carenza di medici in tutta la penisola. Ne è una testimonianza evidente il fatto che una parte corposa delle borse di alcune specializzazioni non sono state assegnate. È il caso dell’ emergenza-urgenza: a livello nazionale sono stati istituiti 1020 posti, le richieste pervenute sono state solo di 300 e in diverse aree della penisola non sono state assegnate, come nel caso di Siena ad esempio.